AUROBINDO YOGA SADHANA
Giugno 2025
AUROBINDO YOGA SADHANA
Giugno 2025
10 Giugno 2025
In alcuni stati dell’India oggi si celebra Vat Purnima Vrata, una festività in cui si commemora la vicenda, narrata nel Mahabharata, di Savitri, l’eroina che dopo una formidabile disputa con Yama, il dio della morte, riuscì a ottenere la restituzione dell’anima del proprio marito deceduto e quindi il suo ritorno in vita.
Le donne sposate, in particolare, in questo giorno compiono un digiuno, recitano preghiere, fanno offerte di cocco, frutta e fiori e legano dei fili attorno a un albero sacro di Baniano, augurando benessere e una lunga vita ai propri consorti.
Il mito alla base della leggenda del Mahabharata fu elaborato da Sri Aurobindo in quella che è la sua somma opera poetica, Savitri, di cui nel 2025 ricorre il 75° anno dalla sua pubblicazione.
Ecco la leggenda originale, raccontata dal nostro Maestro:
Savitri era la bella figlia di un Re potente. Aveva rifiutato molte offerte di matrimonio prima di accettare di divenire la moglie di Satyavan, un principe virtuoso, ma senza regno.
Satyavan provvedeva ai suoi genitori con il piccolo provento che guadagnava vendendo la legna che raccoglieva dalla foresta.
La sola minaccia alla felicità della coppia era una predizione della prematura morte di Satyavan fatta dal saggio Narada a Savitri e a suo padre. Secondo quella previsione, Satyavan sarebbe dovuto morire entro un anno.
Il tempo, con l’avvicendarsi delle stagioni, si stava esaurendo. Il giorno in cui la predizione doveva avverarsi si stava avvicinando sempre di più.
Savitri lo sapeva. Quattro giorni prima del tragico appuntamento col destino, Savitri cominciò il voto di Triratra che consiste in un digiuno ininterrotto di tre giorni e tre notti. Adorò devotamente la sua dea preferita e implorò per la vita di Satyavan.
Il giorno decisivo si destò in anticipo e chiese a Satyavan se poteva accompagnarlo alla foresta. Satyavan acconsentì prontamente.
Essi entrarono nel profondo della foresta dove Satyavan scelse un posto vicino a un albero dove Savitri potesse sedersi a intrecciare una ghirlanda di fiori.
A mezzogiorno Satyavan avvertì un senso di dolore e Savitri pose la sua testa sul suo grembo e notò che le sue mani stavano diventando fredde.
Tutto a un tratto, un’oscurità avvolse la foresta e Savitri vide una figura in piedi lì vicino.
Savitri chiese chi fosse e quale fosse lo scopo della sua visita. L’essere soprannaturale dichiarò di essere Yama, il dio della morte, e che aveva fatto lì la sua apparizione per portare via la vita di Satyavan.
Non appena Yama pose lo sguardo su Satyavan che giaceva disteso sul terreno, lo spirito di Satyavan lasciò immediatamente il suo corpo umano e raggiunse il dio. Yama afferrò l’anima di Satyavan e si diresse verso il suo regno.
Era una scena terribile. Savitri non sapeva che cosa fare. Sentì un senso di vuoto alla vista del suo amore portato via per sempre.
Non poteva sopportare la separazione e istintivamente seguì Yama. Yama si lamentò del suo comportamento.
Savitri argomentò, “Siamo esseri umani, creati dagli dei per realizzare la vita del Paradiso sulla Terra. La nostra nascita è intesa a stabilire una coscienza superiore nella natura terrestre. Crescere in coscienza attraverso l’offerta di sé è la legge universale. Ora che stai portando via Satyavan, la mia vita sulla Terra non ha più uno scopo. Per favore lega anche la mia anima al tuo laccio e conducimi dove stai portando Satyavan. Oh dio! Tu non puoi negare ciò che è stato assegnato a creature terrestri come noi. Il mio dovere di stare a fianco di Satyavan con amore inesauribile è altrettanto sostanziale del tuo. Devi onorare il movimento della vita che è stato stabilito nella natura terrestre”.
Yama rimase stupito. Concesse a Savitri un desiderio che non fosse la vita di Satyavan. Savitri, che aveva buon cuore, chiese la restituzione del regno e della vista a suo suocero.
Il percorso per il regno di Yama era pieno di spine e di fossati. Ciononostante Savitri continuò a camminare con i piedi sanguinanti e i vestiti laceri.
Yama cercò di convincerla ad abbandonare l’impresa. Ma Savitri disse, “Oh dio della morte, è vero che mio marito troverà la felicità nel tuo regno, ma tu stai portando via la felicità che è mia. Sii gentile con me. Per favore permettimi di stare al fianco di Satyavan”.
Ancora Yama concesse un desiderio a Savitri, che chiese molti [altri] figli per suo padre.
Presto il sentiero volse verso un erto colle. Savitri era stanca ma continuò a trascinarsi a fianco del suo defunto marito.
Yama fu preso dalla pietà e le suggerì di tornare indietro con un ultimo dono che escludesse la vita di suo marito.
Savitri capì l’importanza dell’ultimo dono. Il suo destino dipendeva da ciò che avrebbe chiesto al dio.
“Dammi molti bambini” – esclamò. “Così sia” – disse Yama senza alcuna esitazione.
Allora, la fortuna sorrise a Savitri. Era una moglie fedele e senza macchia. Non avrebbe potuto avere figli da un uomo che non fosse suo marito.
La devozione autentica di Savitri al marito fu allora coronata da successo. Yama rilasciò immediatamente la vita di Satyavan e scomparve.
Savitri corse al posto dove il corpo morto di Satyavan giaceva. Il dono aveva già prodotto il suo risultato; e Satyavan, appena alzato, chiese cosa avesse indotto Savitri ad esclamare.
Savitri rispose semplicemente, “ Oh mio adorato, torniamo a casa”.
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Così scriveva Sri Aurobindo a proposito della leggenda:
"Il racconto di Satyavan e di Savitri viene riportato nel Mahabharata come una storia di amore coniugale che vince la morte. Ma questa leggenda, come appare da molti tratti del racconto umano, è uno fra i numerosi miti simbolici del ciclo vedico.
Satyavan è l’anima che porta in sé la verità divina dell’essere, ma che è caduta sotto il dominio della morte e dell’ignoranza; Savitri è il verbo divino, la figlia del Sole, la dea della verità suprema, che discende e che nasce per portare la salvezza; Aswapati […], il suo padre umano, è il Signore della Tapasya, l’energia concentrata dello sforzo spirituale che ci aiuta a elevarci dai piani mortali verso quelli immortali; Dyumatsena […], padre di Satyavan, è la Mente Divina che qui diviene cieca e perde il proprio regno celestiale di visione e, di conseguenza, il proprio regno di gloria.
Allo stesso tempo, essa non è una mera allegoria, i vari caratteri non sono delle semplici qualità personificate, ma incarnazioni o emanazioni di Forze viventi e coscienti con cui possiamo entrare concretamente in contatto, le quali assumono dei corpi umani per aiutare l’uomo e mostrargli la via che porta dal proprio stato mortale a una coscienza divina e a una vita immortale."
Così invece scriveva Judith Tyberg, sul poema Savitri di Sri Aurobindo:
"Quest’epica è l’espressione mantrica delle scoperte e delle conquiste interiori di questo grande saggio-veggente [...]. Essa descrive in modo avvincente l’intrepida ascensione interiore di un’anima sovrana, attraverso una progressione di stati della coscienza, fino alle vette del Nirvana e oltre, a cime mai raggiunte prima.
Il poeta rivela come, unitosi a Dio all’apice della meditazione, dove molti terminano la propria ricerca, egli diviene consapevole di una Presenza – la Coscienza, la Potenza e la Beatitudine di Dio – che egli chiama Madre Divina. Ci narra come questa Creatrice, dotata di un Amore sconfinato e di una radiosa Saggezza, discenda sulla Terra per trasformare l’Oscurità nella Luce, l’Irreale nel Reale e la Morte nell’Immortalità.
La famosa leggenda del Mahabharata di Savitri e Satyavan, la storia dell’Amore che conquista la Morte, viene assunta a simbolo basilare di questa scrittura mistica della Vita Divina sulla Terra."